LA TEATRALITÀ O LA SPETTACOLARIZZAZIONE DELLA MORTE

Posted on ago 12 in: Senza categoria - Commenti disabilitati
La teatralità o la spettacolarizzazione della morte
Quando la morte sarà imminente, non farete, mi raccomando,  strombazzamenti di nessun genere.
La mia morte deve avvenire nel silenzio assoluto, accompagnato dalla preghiera, perché sta per essere riconsegnato nelle mani del Padre un umile peccatore.
Chi sono io per essere spettacolarizzato? Sono nessuno e tale voglio morire.
Forse qualcuno si ricorderà di me, ma tale ricordo andrà pian piano a svanire nel tempo.
Eppure ci sono le mie opere, evidenti, come è evidente la luce del sole!
Le opere? Che cosa mai sono le opere! Anche quelle saranno ricoperte di polvere e non se ne farà più memoria alcuna.
Quando sopraggiungerà la morte, nessuna campana farà i rintocchi per annunciare la dipartita della mia anima. Basterà il tintinnio di un campanello, che mi ricorda il momento della transustaziazione nel mistero eucaristico.
L’anima, nell’atto di staccarsi da questa terra, si illumina di divino e si unisce per sempre al Cristo transustianziato che mi ha spiritualmente nutrito in tutto il lungo corso della mia esistenza.
A ciascuno di noi è assegnato il καιρός, il momento giusto, della partenza. Nessun pianto, nessuna lamentazione, nessun segno di compassione dovrà trasparire dal vostro volto! Farete invece una grande festa, perché il Cielo si sarà arricchito di una povera anima in più, che canterà in eterno la gloria del Signore.
pp 12 agosto 2023

La teatralità o la spettacolarizzazione della morte
Quando la morte sarà imminente, non farete, mi raccomando,  strombazzamenti di nessun genere.La mia morte deve avvenire nel silenzio assoluto, accompagnato dalla preghiera, perché sta per essere riconsegnato nelle mani del Padre un umile peccatore.Chi sono io per essere spettacolarizzato? Sono nessuno e tale voglio morire.Forse qualcuno si ricorderà di me, ma tale ricordo andrà pian piano a svanire nel tempo.Eppure ci sono le mie opere, evidenti, come è evidente la luce del sole!Le opere? Che cosa mai sono le opere! Anche quelle saranno ricoperte di polvere e non se ne farà più memoria alcuna.Quando sopraggiungerà la morte, nessuna campana farà i rintocchi per annunciare la dipartita della mia anima. Basterà il tintinnio di un campanello, che mi ricorda il momento della transustaziazione nel mistero eucaristico.L’anima, nell’atto di staccarsi da questa terra, si illumina di divino e si unisce per sempre al Cristo transustianziato che mi ha spiritualmente nutrito in tutto il lungo corso della mia esistenza.A ciascuno di noi è assegnato il καιρός, il momento giusto, della partenza. Nessun pianto, nessuna lamentazione, nessun segno di compassione dovrà trasparire dal vostro volto! Farete invece una grande festa, perché il Cielo si sarà arricchito di una povera anima in più, che canterà in eterno la gloria del Signore.
pp 12 agosto 2023

E x c è r p t a: di Pietrino Pischedda

Posted on giu 02 in: PIETRINO PISCHEDDA - Commenti disabilitati

Roma naturalmente e divinamente protetta

[RUTILIUS NAMATIANUS, De Reditu Suo]

si factum certa mundum ratione fatemur

consiliumque dei machina tanta fuit,

excubiis Latiis praetexuit Appenninum

claustraque montanis vix adeunda viis.

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invidiam timuit Natura parumque putavit

Arctois Alpes opposuisse minis,

sicut vallavit multis vitalia membris

nec semel inclusit quae pretiosa tulit:

iam tum multiplici meruit munimine cingi

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sollicitosque habuit Roma futura deos

Se riconosciamo che il mondo è stato fatto con un piano preciso e se una così grande struttura fu il disegno di un dio, a protezione del Lazio pose innanzi gli Appennini, barriere difficilmente accessibili per sentieri di montagna. La Natura temette l’impopolarità e ritenne poca cosa contrapporre le Alpi agli invasori settentrionali, così come ha recintato con molte membra le nostre parti vitali e ha custodito non una sola volta le preziose opere che ha prodotto. Fin da allora la futura Roma meritò di essere protetta con numerose fortificazioni ed ebbe dalla sua parte il favore divino.

pp 2.6.2023

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Buona la scelta del Card. Zuppi
Sono contento dell’incarico dato da Francesco al Card. Zuppi, di cui io sono particolarmente “tifoso”, in virtù della sua affabilità , umiltà, cordialità e sapienza. Non mi dispiacerebbe vederlo un domani sul soglio di Pietro!
La missione del porporato in terra ucraina non è per niente facile, dato l’acuirsi dello stridore delle armi che provocano soltanto distruzione e morte.
Sono certo che il Legato pontificio spenderà tutte le sue energie per essere un profeta di pace là dove finora non si intravede un barlume di speranza.
Noi ormai ci abbiamo fatto l’assuefazione alla guerra della porta accanto, come d’altronde a tutti gli scompigli sparsi qua e là in varie parti del mondo. Eppure dovremmo sentire tutte queste negatività come una profonda ferita alla nostra sensibilità umana, in quanto partecipi di quella fratellanza universale, da non considerare astratta ma pienamente fattiva.
Nella notte buia delle vicende terrene auguriamo che al posto del bagliore dei mezzi sempre più sofisticati creati dall’uomo per fare del male si moltiplichino i lumi di reciproco rispetto, seguendo il motto “Fratelli tutti” d’ispirazione francescana!
pp 5.6.2023
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L e  m i e  o p e r e

https://www.hoepli.it/cerca/libri.aspx?query=pischedda+Pietrino&channel=it&productsPerPage=28&followSearch=9963&format=JSON
Sentitamente triste!
Come non ricordare Carlo Lugliè, stimato alunno al mio primo anno di insegnamento al Liceo classico De Castro di Oristano? Ragazzo studiossimo, garbatissimo, rispettosissimo, dava certezza di una carriera di tutto rispetto. Era bravo in tutte le discipline scolastiche, più che puntuale nelle materie classiche che io, giovane professore, mi adoperavo a trasmettere con tutta la mia passione. La sua riservatezza, la sua umiltà e la sua dedizione alla cultura sono state il segno che lo hanno contraddistinto nella sua onorata professione di docente universitario. Sono rimasto folgorato dalla notizia arrivata ieri sera della sua dipartita da noi, ancora terreni. Poteva rimanere più a lungo per approfondire il suo sapere nel campo in cui operava come validissimo esperto. L’altruismo, che gli era proprio, l’ha portato lassù, dopo aver salvato la giovane vita di un ragazzino, a cui era legato da vincoli familiari. Caro ex alunno e caro professore da tutti osannato, sei stato di esempio per me e per tutto il mondo di una bontà infinita: hai perso la tua vita terrena, ma hai salvato quella di un fiore appena sbocciato che diverrà rigoglioso, come tu lo sei stato! Riposa in pace nella dimora eterna!
pp 3 luglio 2023

“Ab ovo usque ad mala”: di Pietrino Pischedda

Posted on ott 22 in: Senza categoria - Commenti disabilitati

Ab ovo usque ad mala!

(Orazio, Satire I, 3, 6-7)
Dall’uovo fino alle mele!
Dall’inizio fino alla fine!
La citazione dell’aforisma fa parte della riflessione del poeta Orazio, contenuta nelle Satire, I, 3, in cui snobba la perfetta saggezza stoica e si mostra indulgente verso chi commette degli errori, in quanto tutta l’umanità è passibile di difetti. C’è colpa e colpa, nel senso che bisogna distinguere quelle gravi e quelle meno gravi.
Insomma Orazio non si discosta poi tanto da quella morale cui noi siamo stati indirizzati e con i principi della quale siamo stati formati. Tutti siamo peccatori e nessuno è perfetto.
Posta questa premessa, vediamo di esaminare brevemente la satira in questione e di conoscere un personaggio non a tutti noto, che in poche battute appare anche originale.
Si tratta di Tigellio, famoso cantore e musico sardo, amico di Cesare.
L’autore parte con una premessa, che funge da maggiore nell’architettura di una sorta di sillogismo:
- Tutti i cantori hanno il difetto di non voler cantare quando sono pregati dagli amici; se invece non sono pregati, sono incontrollabili. Uno di questi era il famoso Tigellio sardo. Neppure Cesare aveva l’autorevolezza di convincerlo, nonostante fosse un amico, ma se gli veniva il ghiribizzo, “dall’uovo fino alla frutta” avrebbe cantato: “Evviva Bacco!” alternando il tono della voce tra alto e basso.
“Omnibus hoc vitium est cantoribus, inter amicos
ut numquam inducant animum cantare rogati,
iniussi numquam desistant. Sardus habebat
ille Tigellius hoc. Caesar, qui cogere posset,
si peteret per amicitiam patris atque suam, non
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quicquam proficeret; si conlibuisset, ab ovo
usque ad mala citaret “io Bacchae”; modo summa
voce, modo hac, resonat quae chordis quattuor ima.”
Tigellio era un uomo davvero speciale: era particolarmente incostante! Spesso correva come incalzato dal nemico; più spesso come portatore delle cose sacre di Giunone; spesso aveva cento servi, spesso dieci; ora parlando di re e di tetrarchi; ora riempendosi la bocca di cose inverosimilmente grandi; ora dicendo: “Possa io avere una mensa a tre piedi, una conchiglia di sale puro e una toga che, anche se non lussuosa, possa proteggermi dal freddo!”
nil aequale homini fuit illi: saepe velut qui
currebat fugiens hostem, persaepe velut qui
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Iunonis sacra ferret; habebat saepe ducentos,
saepe decem servos; modo reges atque tetrarchas,
omnia magna loquens, modo “sit mihi mensa tripes et
concha salis puri et toga, quae defendere frigus
quamvis crassa queat!”
Un uomo incontenibile: se gli si dava un milione, era capace di sperperarli nel giro di cinque giorni; di notte vegliava e di giorno dormiva, russando in modo rumoroso; insomma la contraddizione in persona!
… deciens centena dedisses
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huic parco, paucis contento, quinque diebus
nil erat in loculis; noctes vigilabat ad ipsum
mane, diem totum stertebat; nil fuit unquam
sic inpar sibi.
Ed ecco la conclusione di Orazio:
Ora qualcuno potrebbe dirmi: “E tu? Sei senza difetti?” Sicuramente altri e forse minori!
nunc aliquis dicat mihi “quid tu?
nullane habes vitia?” immo alia et fortasse minora!
- ai suoi funerali ci fu il compianto generale!
«Ambubaiarum collegia, pharmacopolae, mendici, mimae, balatrones, hoc genus omne maestum ac sollicitum est cantoris morte Tigelli. Quippe benignus erat.»
«Le suonatrici di flauto, i ciarlatani che vendono rimedi, i mendicanti, le ballerine e i buffoni, tutto questo tipo di gente è mesta e addolorata per la morte del cantore Tigellio. In effetti egli era generoso»
(Orazio, Satire I, 2)
Tigellio, apprezzato da Cesare, ma anche da Cleopatra e Ottaviano, per le sue doti artistiche, non era ben visto, invece, da Cicerone, il quale lo definiva “pestilentiorem patria sua,” per il fatto che aveva mancato di rispetto nei confronti del suo ricco zio Famea, sostenitore finanziario della campagna elettorale dell’Arpinate.
In Orazio, da una parte si nota commiserazione e al contempo comprensione per il Nostro; in Cicerone, al contrario, dichiarato odio, che si riversa inspiegabilmente sui conterranei dell’artista (“più pestilente della sua terra di origine”).
Diciamola in breve: a Cicerone non andava giù il fatto che il famoso musico e poeta sardo fosse amico di Cesare.
Questioni politiche che non si sono mai spente nel corso dei secoli!
Pietrino Pischedda
Roma 22 ottobre 2020

L a P a r o l a … in un “fiat” פיאט: di Pietrino Pischedda

Posted on ott 13 in: Senza categoria - Commenti disabilitati

L a P a r o l a … in un “fiat” פיאט


Vuoto assoluto, caos totale, mistero infinito!
Dov’era Jahvè prima che l’Universo fosse?
Un Dio apparentemente solo ma in realtà trinitario: un solo Dio in tre persone! Questo è il grande mistero che non riusciamo a decifrare, che non siamo in grado di capire neanche un po’! Solo con un atto di fede!
Non c’era un luogo specifico, fisico, materiale, perché Dio non è materiale ma spirituale. Eppure le tre divine Persone conversavano tra di loro, parlavano una lingua che non è dato sapere a noi mortali: noi così misurati in una finitezza troppo sproporzionata rispetto all’immensità dell’Infinito.
La parola è nata lì, nell’infinità, perché Dio è la Parola primigenia, da cui sono fluite parole senza numero che hanno inondato il creato.
Ed ecco che Jahvè si affaccia dal suo regno di luce e pronuncia ripetutamente la prima parola: “fiat” פיאט !
Che meraviglia! Con un verbo Dio crea tutte le cose che fanno parte dell’universo, dal nulla! Dio è la Parola creatrice che dà vita all’uomo e lo fa suo simile dotandolo di quella parola quale strumento necessario per colloquiare tra loro, Dio e l’uomo, l’uomo e Dio.
Quel “fiat” è così potente ed efficace, che rende l’universo intero perfetto, ben congegnato, ben articolato, nel quale ciascun elemento è chiamato col suo nome, come ogni uomo è chiamato col suo nome in virtù di quella parola che dà nome alle persone e alle cose.
Nella pienezza dei tempi la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14).
Il quadro dell’Antica e Nuova Alleanza si riempie di testimoni della Parola, animati dallo Spirito che infonde coraggio nell’annuncio del messaggio profetico.
È troppo importante la parola per essere spiegata e compresa nella sua interezza.
L’uomo è il privilegiato del dono della parola, a differenza degli animali, che, pur nelle loro capacità intuitive, non hanno tale facoltà.
Per mezzo della parola ci consigliamo, ci persuadiamo gli uni gli altri, chiariamo a noi stessi i problemi riguardo ai quali decidiamo, costruiamo città, istituiamo leggi ed escogitiamo dei mestieri. Tutto ciò grazie alla parola (λόγος)!
“… ἐγγενομένου δ’ ἡμῖν τοῦ πείθειν ἀλλήλους καὶ δηλοῦν πρὸς ἡμᾶς αὐτοὺς περὶ ὧν ἂν βουληθῶμεν, [...] πόλεις ᾠκίσαμεν καὶ νόμους ἐθέμεθα καὶ τέχνας εὕρομεν. (Isocrate)
Oggi, grazie ai social network, la parola si espande e si diffonde all’istante da un capo all’altro della Terra, per cui comunichiamo virtualmente, anche mediante la nostra immagine, manifestando i nostri pensieri, i nostri problemi, le nostre emozioni, le nostre gioie e le nostre sofferenze.
Penso sempre all’«iter» della parola da Adamo fino ai nostri giorni!
Nessuno potrà mai scoprire il linguaggio dei progenitori: avranno piano piano imparato a costruirsi dei suoni e quindi a formare delle parole, per arrivare in seguito a formulare delle frasi di senso compiuto.
Lungo quindi è stato il cammino della parola nei secoli!
Ma la parola corre veloce, perché gli uomini di tutti i tempi hanno bisogno di notizie, hanno necessità di conoscere la verità, hanno urgenza di avere giustizia, hanno il diritto di essere riconosciuti tutti fratelli!
“Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.” (Ps 147, 4)
La parola è come una spada: “la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.” (Ebr 4, 12)
Beato chi possiede il dono della parola e sa trasmetterla in maniera convincente e costruttiva!
Il “fiat lux” primordiale si rinnovella giorno dopo giorno attraverso i messaggeri di pace, la testimonianza dei martiri della fede, le sofferenze dei poveri e dei malati, l’annuncio del κήρυγμα dato da tutti gli uomini di buona volontà.
Le parole di bontà, di luce e di speranza fanno eco al “fiat lux” del primo istante uscito dalla bocca di Jahvè.
Stonano le parole dei falsi profeti che vogliono oscurare la luce della creazione; spaventano le parole di chi attenta alla vita degli umili per averne un tornaconto personale; spaventa il grido di guerra che si ripete senza sosta in varie parti del mondo. Queste non sono parole di luce ma di pianto.
La parola si fa preghiera in questo tempo in cui il mondo è sconvolto dal diffondersi della pandemia. Si invoca il “fiat lux” perché vengano dissipate le tenebre del male oscuro che aggredisce l’umanità e ritorni a rifiorire la salute.
Pietrino Pischedda
Roma 13 ottobre 2020

Consigli per una vita sana: di Pietrino Pischedda

Posted on ott 10 in: Senza categoria - Commenti disabilitati

C o n s i g l i  P e r  U n a  V i t a  S a n a

Consigli di Aulo Cornelio Celso (Aulus Cornelius Celsus), medico romano (25 a. C. – 45 d. C.) per una vita sana ( De medicina I, 2)
Celso s’introduce con la parola “imbecillis,” il cui etimo è “in baculum”, che richiama alla dipendenza, cioè alla necessità di una persona malferma di sostenersi usando il bastone, onde evitare cadute rovinose.
“Imbecilles” sono evidentemente le persone fragili, nella cui categoria rientrano, a detta dell’autore, gran parte di chi vive in città e, ahimè, tutti i cultori di lettere, i quali devono prestare attenzione a condurre uno stile di vita adeguatamente salutare.
“At inbecillis, quo in numero magna pars urbanorum omnesque paene cupidi litterarum sunt, observatio maior necessaria est, ut, quod vel corporis vel loci vel studii ratio detraxit, cura restituat.”
Più tardi il Petrarca, nel “De vita solitaria”, parlerà della vita misera dell’uomo di città rispetto a quella vissuta fuori dal contesto urbano.
A riguardo, però, i pareri, giustamente, possono essere discordanti!
Ma vediamo quali rimedi suggerisce il medico Celso, a seconda dei casi!
Il buon giorno si vede dal mattino!
Chi ha digerito bene, al mattino si alzerà al sicuro; chi ha digerito poco,  deve riposare; chi si è dovuto alzare presto,  deve dormire di nuovo; chi non ha digerito, non deve far altro che riposare in maniera assoluta e non deve affaticarsi sottoponendosi ad allenamenti o ad affari.
“Ex his igitur qui bene concoxit, mane tuto surget; qui parum, quiescere debet, et si mane necessitas surgendi fuit, redormire; qui non concoxit, ex toto conquiescere ac neque labori se neque exercitationi neque negotiis credere.”
Attenzione poi ai rigurgiti!
Chi rutta malamente senza palpitazioni cardiache, deve bere a intervalli acqua fresca e concedersi un po’ di riposo.
“Qui crudum sine praecordiorum dolore ructat, is ex intervallo aquam frigidam bibere, et se nihilo minus continere.”
E l’abitazione?
È importante abitare in una casa luminosa che d’estate sia ventilata e d’inverno sia riscaldata dal sole. Bisogna guardarsi dal sole di mezzogiorno, dal freddo mattutino e serale, e così dalle correnti dei fiumi e degli stagni e soprattutto stare attenti al sole che fa breccia tra le nuvole, affinché non lo danneggi ora il freddo, ora il caldo: questa situazione procura appunto raffreddori e riniti.
“Habitare vero aedificio lucido, perflatum aestivum, hibernum solem habente; cavere meridianum solem, matutinum et vespertinum frigus, itemque auras fluminum atque stagnorum; maximeque nubilo caelo soli aperienti se committere, ne modo frigus, modo calor moveat; quae res maxime gravidines destillationesque concitat.”
Tutti questi accorgimenti bisogna soprattutto prenderli  nei luoghi malsani, nei quali    si ingenerano anche le pestilenze.
“Magis vero gravibus locis ista servanda sunt, in quibus etiam pestilentiam faciunt.”
Ma quando è che il corpo si può ritenere sano? Ecco la risposta di Celso!
Quando al mattino l’urina è chiara e poi rossastra, per comprendere che se è bianca, stiamo digerendo; se è rossastra, abbiamo digerito.
“Scire autem licet integrum corpus esse, quo die mane urina alba, dein rufa est: illud concoquere, hoc concoxisse significat.”
Come comportarci una volta che ci siamo svegliati?
Bisogna stare tranquilli, calmi, senza pensieri; poi, se non è inverno, rinfrescare la bocca con molta acqua; nei giorni lunghi fare la siesta piuttosto prima del pasto; altrimenti, dopo quello.
“Ubi experrectus est aliquis, paulum intermittere; deinde, nisi hiemps est, fovere os multā aquā frigidā debet; longis diebus meridiari potius ante cibum; si minus, post eum.”
Come comportarsi nella stagione invernale!
Bisogna dormire per tutta la notte; se però si deve lavorare di notte, non è  consigliabile lavorare dopo il pasto ma dopo la digestione
“Per hiemem potissimum totis noctibus conquiescere; sin lucubrandum est, non post cibum id facere, sed post concoctionem.”
Non bisogna inoltre lasciarsi sopraffare dagli impegni quotidiani, privati o pubblici, ma è necessario riservare un po’ di tempo al  proprio corpo, la cui prima cura è l’esercitazione, da espletare sempre prima del pasto, magari più prolungata da parte di chi ha faticato meno e ha digerito bene; più rilassata, invece, da parte di chi è stanco e non ha digerito bene.
“Quem interdiu vel domestica vel civilia officia tenuerunt, huic tempus aliquod servandum curationi corporis est. Prima autem eius curatio exercitatio est, quae semper antecedere cibum debet, in eo, qui minus laboravit et bene concoxit, amplior; in eo, qui fatigatus est et minus concoxit, remissior.”
Buoni esercizi sono anche la lettura ad alta voce, le armi, la palla, la corsa e la passeggiata. Quest’ultima però non è consigliabile in pianura, a meno che uno non sia particolarmente debole, ma in salita e in discesa, in quanto c’è maggiore movimento del corpo. È preferibile, inoltre, fare la passeggiata all’aperto che in un portico;  al sole che all’ombra, se non ne soffre la testa; meglio all’ombra prodotta da una parete o da un albero che sotto un tetto; meglio rettilinea che tortuosa.
“Commode vero exercent clara lectio, arma, pila, cursus, ambulatio, atque haec non utique plana commodior est, siquidem melius ascensus quoque et descensus cum quadam varietate corpus moveat, nisi tamen id perquam imbecillum est: melior autem est sub divo quam in porticu; melior, si caput patitur, in sole quam in umbrā, melior in umbrā quam paries aut viridia efficiunt, quam quae tecto subest; melior recta quam flexuosa.”
Scopo dell’esercitazione, per lo più, deve essere il sudore (sudor), stancandosi ma non affaticandosi troppo e senza una regola fissa, alla maniera degli atleti.
“Exercitationis autem plerumque finis esse debet sudor aut certe lassitudo, quae citra fatigationem sit, idque ipsum modo minus, modo magis faciendum est. Ac ne his quidem athletarum exemplo vel certa esse lex vel inmodicus labor debet.”
Dopo l’esercizio fisico bisogna prima praticare l’unzione, al sole o presso un fuoco, poi il bagno in una stanza possibilmente alta, luminosa e spaziosa. Dopo bisogna riposare un po’.
“Exercitationem recte sequitur modo unctio, vel in sole, vel ad ignem; modo balineum, sed conclavi quam maxime et alto et lucido et spatioso. […] Post haec paulum conquiescere opus est.”
Quando ci si siede a tavola non è consigliata né l’eccessiva sazietà né l’eccessiva sobrietà. Meglio eccedere nel bere che nel mangiare!
“Ubi ad cibum ventum est, numquam utilis est nimia satietas, saepe inutilis nimia abstinentia: si qua intemperantia subest, tutior est in potione quam in escā.”
Menù:
Prima i salumi, le verdure o qualcosa di simile.
Poi la carne: ottima se arrostita o lessa. I cibi conditi, anche se più gustosi, non sono facilmente digeribili!
“Cibus a salsamentis, holeribus similibusque rebus melius incipit; tum caro adsumenda est, quae assa optima aut elixa est. Condita omnia duabus de causis inutilia sunt, quoniam et plus propter dulcedinem adsumitur, et quod modo par est, tamen aegrius concoquitur.”
Quanti pasti al giorno?
Niente in contrario per un secondo pasto, se uno ha uno stomaco sano; in stomaco debole il cibo inacidisce! Per uno poco sano di stomaco è consigliabile, all’inizio del pasto, mangiare datteri, frutta o cose simili.
“Secunda mensa bono stomacho nihil nocet, in imbecillo coacescit. Si quisitaque hoc parum valet, palmulas pomaque et similia melius primo cibo adsumit.”
Dopo aver bevuto molto, non bisogna mangiare nulla; dopo una scorpacciata, non bisogna fare nulla! Quando uno è sazio, digerisce più facilmente se conclude con una bevuta di acqua fresca, quindi sta un po’ sveglio e poi si concede al sonno. Se uno si è ben saziato durante il giorno, dopo il pasto non deve esporsi né al freddo né al caldo né alla fatica, poiché tali comportamenti nuocciono non tanto a corpo digiuno quanto a corpo piuttosto sazio. Se per qualche motivo è in programma un digiuno, bisogna evitare ogni fatica.
“Post multas potiones, quae aliquantum sitim excesserunt, nihil edendum est, post satietatem nihil agendum. Ubi expletus est aliquis,facilius concoquit, si, quicquid adsumpsit, potione aquae frigidae includit, tum paulisper invigilat, deinde bene dormit. Si quis interdiu se inplevit, post cibum neque frigori neque aestui neque labori se debet committere: neque enim tam facile haec inani corpore quam repleto nocent. Si quibus de causis futura inedia est, labor omnis vitandus est.”
A conclusione di questo mio lavoro, credo che i consigli di Celso siano sempre utili in ogni tempo, per chi voglia mantenere in buona forma il proprio corpo per il bene anche del proprio spirito!
Pietrino Pischedda
Roma 10 ottobre 2020

L’uomo e il mare

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L’uomo e il mare

Ebbene, oggi parliamo di mare! È la giornata del mare: l’uomo e il mare. Perché l’uomo e il mare? Perché l’uomo non potrebbe vivere senza il mare. Qualcuno ha definito quest’ultimo “madre”. Il mare è la madre che ci accoglie, ci culla, ci nutre e ci unisce tra fratelli. Al di là dell’orizzonte ci sono altri popoli che hanno le nostre stesse sembianze, un cuore che palpita d’amore, una mente che s’ispira a ideali di amicizia e di condivisione di valori comuni a tutti.La prima volta che ho viaggiato su una nave non ho fatto altro che contemplare l’immensità del mare che si congiunge idealmente a quella del cielo, vuoi per l’azzurro che li caratterizza e vuoi per lo  specchiarsi dell’etere nella profondità delle acque.
Θάλασσα θάλασσα, fu il grido di gioia dei 10.000 greci alla vista del mare!Mare mare, fu la mia espressione di esultanza quando per la prima volta, ancora bambino, arrivai in compagnia di mia madre in prossimità della spiaggia di Turas! Presi subito confidenza con il suo moto ondoso e mi deliziai delle sue carezze.
Stando a contatto col mare ti dimentichi di tutto: cessano le ambasce, i risentimenti, le scabrosità con i tuoi simili e le sofferenze che la vita ti presenta.
Le sensazioni e le emozioni che si provano viaggiando in aereo non sono paragonabili a quelle che si sperimentano navigando su una imbarcazione, piccola o grande che sia. Il mare lo vivi perché lo tocchi, perché immergendoti ne contempli le meraviglie di una bellezza inenarrabile.
Presso le rive dei mari  e dei fiumi sono nate le grandi civiltà. C’è tutta una letteratura, che si perde nella memoria dei millenni, che illustra quanto sia stato significativo per i popoli della Terra ritrovarsi presso un corso d’acqua  per meditare, piangere, e riprendere il cammino per una nuova vita. “Sui fiumi di Babilonia, / là sedevamo piangendo / al ricordo di Sion”. (Ps 137)
Oggi si vuole celebrare la giornata del mare e si vuole porre l’attenzione sul rispetto che a questo bene inestimabile dobbiamo riservare.
Pietrino Pischedda
Roma 12 luglio 20201

… cuius sapientia condǐti sumus

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… cuius sapientia condǐti sumus

Siamo ripieni di sapienza, siamo fatti di sapienza, siamo un meraviglioso “impasto” di sapienza. Pensate all’impasto formato ad arte dal costruttore e come per mezzo di quell’amalgama, pietra su pietra, si forma la costruzione di una casa. Senza la sapienza saremmo uomini falliti, all’oscuro di tutto, senza prospettive, senza conoscenza delle cose.
È importante quel pronome iniziale, la cui relazione presuppone non un nome qualunque ma una Persona che ci guida nella conoscenza e nello spirito di verità. Al vertice dei sette doni dello Spirito Santo c’è La Sapienza, che non è quella del mondo ma quella di Dio, il quale è Sapienza infinita.
Guidati dallo Spirito noi abbiamo il dono del discernimento, che possiamo facilmente perdere se ci lasciamo sedurre dall’orgoglio, dalla tentazione di considerare giusto tutto ciò che facciamo.
Chi si lascia guidare dalla Sapienza non intraprende strade sbagliate. Le deviazioni sono sempre frutto di calcoli umani dettati da superbia  e da mania di onnipotenza.
Uomo saggio è colui che con umiltà vaglia ciò che è bene e ciò che è male.
La tentazione del frutto proibito si sussegue vertiginosamente di secolo in secolo, dai primordi dell’umanità fino ad oggi. L’uomo che vuol fare di testa sua, che vuole strafare, che pretende di essere il dominatore assoluto, sarà il risultato del fallimento totale. L’uomo di tal fatta, colmo di ingordigia e di prepotenza, dovrà prima o poi fare i conti con il biglietto di ritorno.
Siamo in un mondo di insipienti, di esseri che decidono deliberatamente della vita degli altri credendo di avere la coscienza a posto.
Le esperienze negative maturate nel corso della storia non hanno fatto rinsavire l’uomo ma l’hanno riportato a riprovare nuovi piani diabolici improntati a sopraffare la dignità della persona umana. I pregiudizi razziali si ripetono nella quasi indifferenza di chi assiste a sì triste spettacolo.
Tra i sette doni dello Spirito Santo c’è quello del Consiglio. Sapienza e Consiglio formano il binomio perfetto dell’uomo che vuole farsi guidare per operare nella rettitudine e nel timore di Dio.
PpischeddaS
Roma 5 luglio 2020

In su giannile ‘e domo

Posted on lug 03 in: Senza categoria - Commenti disabilitati

In su giannile ‘e domo

Sere d’estate, sere paesane, scene da film in bianco e nero, salotti di famiglia al chiarore di luna in su giannile ‘e domo.
“E ite in su friscu”? “Eia in su friscu”! Domanda e risposta tra il ficcanaso di passaggio e un componente del nucleo domestico. Il tutto composto di cortesia da entrambe le parti.
Era, e suppongo che lo sia ancora, la prassi del viver quotidiano in tempo d’estate, nei borghi della Sardegna, e non solo, intrattenersi per ore dopo cena, fuori della porta di casa, parlando del più e del meno e colloquiando spesso con altri piccoli assembramenti di famiglie, postati nelle vicinanze a ridosso del limitare delle proprie abitazioni.
Non c’erano nel dopoguerra i comfort di oggi; non esistevano neppure  i servizi essenziali di cui fortunatamente usufruiamo ora.
Il lieve calo della temperatura dopo il tramonto consentiva di godere al meglio il sereno della notte stando all’aria aperta.
Il parlarsi tra famiglie a pochi metri di distanza costituiva una sorta di gazzettino serale fai da te con tutte le notizie del giorno. In una comunità di pochi abitanti infatti era facile cogliere tutti gli spifferi che attraversavano le poche vie del paese. “A l’ischizzis ite est sutzessu a su fulanu custu manzanu in sa inza sua”? “No! E ite”? “L’ada acciapada totta irraighinada”!
Oh s’iscuru, cantu mi dispiaghede. Un omine gasinche onu, chi no faghede male mancu a una musca”!
Espressioni e notiziole di questo genere si susseguivano col passare delle ore, mentre il contadino che aveva lavorato sodo per tutta la giornata, appoggiato al muro della facciata, lo si sentiva abbondantemente russare.
I bambini, finché potevano, partecipavano anche loro alla conversazione allegra e simpatica della comitiva.
C’era allora, dubito ora, il senso della comunità, lo spirito dell’amicizia composta anche di scherzi accettabili e condivisi. Erano sopportate le battute di spirito non lesive della dignità delle persone ed erano molto contenuti i commenti di natura comportamentale.
PpischeddaS
Roma 3 luglio 2020

Sull’onestà non si discute!

Posted on lug 01 in: Senza categoria - Commenti disabilitati

Sull’onestà non si discute!

Vorrei vedere! Le persone oneste si notano immediatamente! Tutto può rivelare l’onestà e l’onorabilità dell’uomo e della donna. Io posso vantarmi di aver avuto genitori più che dignitosi e contrassegnati dall’honos. Uomini d’onore non si comprano ma si fanno attraverso il lavoro, la lealtà, il rispetto, l’amore, il sacrificio e la dedizione alla famiglia. Queste virtù valgono per i credenti e i non credenti. Non è consequenziale che chi crede sia onesto e chi non lo è sia disonesto. Queste sono logiche che lasciamo ai benpensanti o ai malpensanti. L’onestà è connaturata alla famiglia nella quale si costruiscono e si praticano i valori che ci legano alla società in cui viviamo.
Ogni giorno mi capita di incontrare gente credibile come anche gente sospettosa e truffaldina. Le persone disoneste e, per fortuna, quelle oneste si “annusano” a distanza.
Da che mondo è mondo la storia è piena di santi e malfattori! Ormai è diventato uno slogan ripetitivo e per niente costruttivo l’etichettare il nostro tempo come disastroso e intriso di corruzione. Io non voglio essere accomunato al gregge dei perversi, come d’altronde ciascuno di voi che nella propria coscienza sa di essere a posto in fatto di rettitudine e di onorabilità.
Ci sono, per nostra fortuna, persone, anche tra i giovani, che si distinguono per la ricchezza di quei valori che sono stati loro inculcati in famiglia.
Anche giugno ormai ce lo lasciamo alle spalle. Luglio è appena all’inizio e ci porta direttamente al discorso vacanze. Ma chi è che fa le vacanze? Non tutti, credo la massima parte, possono permettersi di chiudere la porta di casa e partire per trascorrere un periodo, seppur breve, di relax. La mancanza di mezzi ci rende consapevoli, ma non invidiosi, che è anche bello vivere la nostra quotidianità a contatto con la gente del nostro quartiere o del borgo in cui viviamo. Riscopriremo perlomeno il valore prezioso dell’amicizia. Ditemi se è poca cosa!


PpischeddaS
Roma 1º luglio 2020

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Posted on giu 25 in: Senza categoria - Commenti disabilitati

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Io non commento quanto avviene nelle Sedi della politica: me ne astengo in maniera assoluta.
Come cittadino, però, non posso far finta di non vedere e di non fare le mie considerazioni personali sul comportamento di determinati personaggi, il cui  linguaggio non può non essere considerato scurrile e disgustoso.
Sembra che il Coronavirus abbia prodotto seri problemi di autocontrollo e di perdita di rispetto della propria e altrui dignità.
Rimango inorridito, andando in giro per la città, per come certi individui, nella complessa compagine metropolitana, diano fuoco alle polveri per un nonnulla, innescando discussioni senza fondamento alcuno.
I riflessi di siffatti atteggiamenti sono evidentemente e facilmente intuibili.
La valenza di “civis”, a mio parere, si sta gradualmente sgretolando e si assiste a un degrado in fatto di etica individuale e sociale.
Manca il galateo! Tradotto: sono assenti le buone maniere.
Capisco le situazioni critiche di chi ha perso il lavoro e non sa come tirare avanti per sostentare la propria famiglia. Si tratta di drammi umani a cui la Politica deve dare al più presto risposte certe. E io confido che si vada avanti nella giusta direzione sovvenendo alle necessità degli indigenti.
È appena iniziata l’estate e non pochI (tra questi alcuni che si credono “luminari”) sostengono che con l’alta temperatura il virus ormai sia stato debellato. Non è vero!  I fatti a livello globale parlano in maniera molto chiara. L’illusione è la negazione della realtà effettuale e l’anticamera della confusione totale.
PpischeddaS
Roma 25 giugno 2020