EXPOSITIO IN PSALMUM POENITENTIALEM XXXI

B. FLACCI ALBINI

Seu

ALCUINI

ALCUINO : Note biografiche

Alcuino di Northumbria (circa 730 – 804), capo della scuola cattedrale di York, è il dotto più illustre d’Inghilterra nella seconda metà del secolo VIII: la sua attività posteriore però appartiene al regno franco di Carlo Magno, il quale chiamò alla sua corte, divenuta una specie di dotta accademia, studiosi, poeti e artisti, specialmente inglesi e italiani. Primo fra tutti emergeva Alcuino, stimato consigliere del sovrano francese, capo della scuola palatina ed abate dell’abbazia di San Martino a Tours. La sua opera principale, De Trinitate libri tres, tratta i fondamenti della fede cristiana in strettissima dipendenza da S. Agostino.

Ps. XXXI

Testo LATINO e TRADUZIONE

Titulus psalmi est, intellectus David: quia scilicet intellexit David, et nos suo jubet intelligere exemplo, nullum esse tam grave peccatum, quod non gratuito nobis Deus remittat, si parati simus illud confiteri et a pravis viis abstinere.

Il titolo del salmo è, discernimento di Davide: in quanto, cioè, Davide ha compreso, ed esorta noi, sul suo esempio a capire che non c’è peccato tanto grave che Dio non ci rimetta gratuitamente, se siamo pronti a confessarlo e ad allontanarci dalle vie perverse.

VERS. 1. Beati quorum remissae sunt iniquitates, et quorum tecta sunt peccata. Illorum scilicet remittuntur iniquitates, quorum peccata per confessionem a Domino Deo diluuntur; et quorum tecta sunt per charitatem peccata, juxta illud: Charitas operit multitudinem peccatorurn (I Petr IV, 8). Vel quorum tecta sunt peccata, ut hic per poenitentiam velentur, ne in judicio revelentur. Iniquitates quidam appellant, quae ante baptismum fiunt; peccata, quae postea perpetrantur.

VERS. 1. Beati coloro le cui iniquità sono rimesse, e i cui peccati sono coperti. Sono, cioè, rimesse le iniquità di coloro, i cui peccati sono cancellati dal Signore Dio tramite la confessione; e di coloro i cui peccati sono coperti per la carità, secondo l’espressione: La carità copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4,8). O i cui peccati sono coperti, purché qui siano nascosti attraverso la penitenza, affinché non siano rivelati in giudizio. Alcuni chiamano iniquità quelle colpe che avvengono prima del battesimo; peccati, quelli che sono commessi dopo.

VERS. 2 Beatus vir cui non imputavit Dominus peccatum, nec est in ore [Ms., in spiritu] ejus dolus. Quod tegitur non videbitur, quod non imputatur, nec punietur. Nec est in ore ejus dolus, hoc est, in illius ore, qui se confitetur esse peccatorem: sìcut Publicanus, qui dixit, Domine, propitius esto mihi peccatori (Luc. XVIII, 13). Quia qui sibi displicet, ipse Deo placet; nec est in ore ejus dolus, sed in veritate credens Deo, quod in corde habebat, ore confìtebatur.

VERS. 2. Beato l’uomo a cui il Signore non imputò il peccato, e nella cui bocca [Ms., nello spirito] non c’è inganno. Ciò che è coperto non si vedrà, ciò che non è imputato non sarà punito. Né è nella sua bocca inganno, cioè, nella bocca di colui che confessa di essere peccatore: come il Pubblicano, che disse: Signore, sii propizio verso di me peccatore (Lc 18,13). Poiché chi non è contento di se stesso piace a Dio; né è nella Sua bocca inganno, ma nella verità colui che crede in Dio; ciò che ha nel cuore lo confessa con la bocca.

VERS. 3. Quoniam tacui inveteraverunt ossa mea, dum clamarem tota die. Non [protuli (Edit., praetuli)] confessionem ad salutem, ideo omnis fortitudo mea in carnis infirmitate consenuit. Dum clamarem [id est] clamant multi, si quid boni habent, ac per vanitatem demonstrant. Tacent siquidem impii et clamant. Tacent quod loqui fas est; loquuntur quod tacere debent. Tacent, dum sua abscondunt peccata; clamant, dum sua praedicant merita. Tacent peccatorum confessjone, clamant meritorum praesumptione. Quid autem est, dum clamarem tota die, nisi dum in clamando perseverarem?

VERS. 3. Dopo che tacqui si logorarono le mie ossa, mentre gridavo tutto il giorno. Non manifestai la confessione per la salvezza, perciò tutta la mia forza si logorò nella debolezza della carne. Mentre gridavo, cioè molti gridano, se hanno qualcosa di buono, e lo dimostrano per vanità. Se mai tacciono i malvagi e gridano. Tacciono ciò che è possibile dire; dicono ciò che debbono tacere. Tacciono, mentre nascondono i loro peccati; gridano, mentre mettono in evidenza i loro meriti. Tacciono nella confessione dei peccati, gridano nella presunzione dei meriti. Che cos’è, finché gridavo tutto il giorno, se non perseverare nel gridare?

VERS. 4. Quoniam die ac nocte gravata est super me manus tua: Conversus sum in aerumna mea, dum.configitur niihi spina. Peccatori gravis est manus quae flagellat, et ponderose vindicat [Ms., et ponderosa, quae vindicat]. Die ac nocte, continuum tempus significat. Aliter autem feliciter humiliatus non esset, nisi eum manus divinitatis comprimeret. Conversus sum in aerumna mea, id est, intellexi peccatum meum, postquam aerumnosum me fecisti sub tuae potentiae aggravatione. In aerumna, id est in miseria. Quid est autem spina quae configitur, nisi stimulus conscientiae peccatricis?

VERS. 4. Poiché giorno e notte ha pesato su di me la tua mano: mi sono convertito nella mia tribolazione, mentre mi si conficcava la spina. Per il peccatore è pesante la mano che flagella, e punisce saggiamente [Ms., è pesante (la mano) che punisce]. Giorno e notte, indica il tempo ininterrotto. Ma non sarebbe felicemente umiliato, se non lo contenesse la mano della divinità. Mi sono convertito nella mia disgrazia, cioè ho compreso il mio peccato, dopo che mi rendesti un povero disgraziato sotto il peso del tuo potere. Nella disgrazia, cioè nella miseria. Ma che cos’è questa spina che viene confitta, se non lo stimolo della coscienza peccatrice?

VERS. 5. Delictum meum cognitum tibi feci, et injustitias meas [Ms. injustitiam meam] non operui. Idem est cognitum facere et non operire, hoc est confiteri. Quia si homo peccatum non agnoscit, Deus non ignoscit [Ms., si homo agnoscit, Deus ignoscit]. Delictum vero quidam putaverunt. leve peccatum: injustitiam autem immane aliquod [saevumque] commissum. Dixi pronuntiabo adversus me injustitias meas Domino, et tu remisisti impietatem peccati mei. Pronuntiabo dixit, hoc est, publice confitebor, ut alios scilicet ad imitationem trahat. Impietas autem cordis fuerat, qua [Ms., quia] tacere decreverat. Adversum me, inquit, pronuntiabo, id est, ipsum accusabo. Et tu remisisti impietatem peccati mei, quando quae prius gesserarn misericorditer indulsisti.

VERS. 5. Ti ho manifestato il mio peccato, e non ho tenuto nascosti i miei errori [Ms., il mio errore]. Ciò significa manifestare e non tenere nascosto, cioè, confessare. Perché se l’uomo non riconosce il peccato, Dio ci passa sopra [Ms., se l'uomo lo riconosce, Dio lo perdona]. Alcuni invero ritennero l’errore lieve peccato: ma l’ingiustizia un qualcosa di immane [e crudele] commesso. Ho detto: Confesserò contro di me al Signore le mie colpe, e tu hai rimesso la malizia del mio peccato. Manifesterò, disse, cioè, confesserò pubblicamente, perché, cioè, porti gli altri all’imitazione. Ma la malizia era stata del cuore, con la quale [Ms., poiché] aveva deciso di tacere. Contro di me, disse, manifesterò, cioè, accuserò me stesso. E tu hai rimesso la malizia del mio peccato, quando hai perdonato con misericordia le colpe che avevo commesso.

VERS. 6. Pro hac [impietate] orabit ad te omnis sanctus in tempore opportuno. Tempus Opportunum ad orandum pro peccatis haec via est, in qua ideo sancti orant, quia non est a peccatis immunis aliquis. Verumtamen in diluvio aquarum multarum ad eum non approximabunt. Multi fluctus diluviorum in judicio impios volvent, qui sanctis nocituri non erunt; neque ad eum approximabunt tormenta, qui pro suis hic peccatis orare non cessat.

VERS. 6. Per questa [empietà] ti prega ogni fedele nel tempo opportuno. Il tempo opportuno per pregare per i peccati è questa vita, nella quale perciò pregano i fedeli, perché nessuno è immune dai peccati. Tuttavia nel diluvio di molte acque non si avvicineranno a lui. Molte correnti di diluvi travolgeranno nel giudizio gli empi, che non nuoceranno i fedeli; né si avvicineranno i tormenti a colui che qui non cessa di pregare per i peccati.

VERS. 7. Tu es refugium a tribulatione quae circudedit me, exultatio mea erue me a circumdantibus me. Mihi in isto diluvio non est refugium, nisi tu. Exsultatio mea, inquit, redime me. Sed jam exsultas, quid vis redimi? Exsultatio mea redime me. Gaudes, et gemis ? Ita, inquit, gaudeo et gemo. Gaudeo in spe, gemo adhuc in re. Ideo subdit, redime me a circumdantibus me, sive vitiis carnalibus, sive spiritibus immundis, qui nos perdere praecipiti velocitate festinant.

VERS. 7. Tu sei il rifugio dalla tribolazione che mi circonda, la mia esultanza: liberami da coloro che mi circondano. Per me in questo diluvio non c’è rifugio, se non tu. Mia esultanza, disse, riscattami. Ma già esulti, che cosa vuoi che sia redento? Così, disse, gioisco e gemo. Gioisco nella speranza, ma in realtà ancora gemo. Perciò insiste: liberami da coloro che mi circondano, sia dai peccati carnali, sia dagli spiriti immondi, che si affrettano in corsa sfrenata a mandarci in rovina.

VERS. 8. Intellectum tibi dabo et instruam te in via hac qua gradieris, firmabo super te oculos meos. Vox Domini, vox intellectum dantis. Ipse est enim intellectus, quem psalmi titulus vere [Ms., tituli veritas] indicavit, quem poenitentibus potestas Domini clementer infudit [Ms., infundit]. Addidit autem, et instruam te, id est, nescjentem docebo salutarem viam. Via est enim quam ingressus fuerat, servire Deo prioris actionis pravitate damnata. Sequitur: Firmabo super te oculos meos. Id est, dirigam in te lumen intelligentiae meae.

VERS. 8. Ti farò saggio, t’indicherò la via da seguire, fisserò su di te i miei occhi. La voce del Signore, la voce di colui che dà intelligenza. Egli infatti è l’intelligenza, che il titolo del salmo veramente indicò [Ms., la verità del titolo]. Aggiunse poi, e ti indicherò, cioè, insegnerò a colui che non la conosce la via della salvezza [3]. La via infatti è quella nella quale era entrato, servire a Dio dopo aver condannato la malvagità della vita precedente. Segue: Fisserò su di te i miei occhi. Cioè, volgerò verso di te il lume della mia intelligenza.

VERS. 9. Nolite fieri sicut equus et mulus, in quibus non est intellectus. Qui non Dei voluntate, sed proprio se motu regere volunt, effrenes in luxuriam decidunt. Hos Propheta coercet verbis terribilibus dicens: In chamo et freno maxillas eorum constringe, qui non approximant ad te. Freno et chamo moderationis suae Deus coercet impiorum superbiam, qui jactant merita sua, et tacent peccata sua. Qui, inquit, non approximant ad te, a quo per superbiam elongantur [Ms., sed superbia elongatur].

VERS. 9. Non siate come il cavallo e come il mulo privi di intelligenza. Essi vogliono governarsi non con la volontà di Dio e, scatenati, precipitano nella lussuria. Il Profeta lo frena con parole terribili, dicendo: Stringi le loro mascelle nel morso e nelle briglie, essi che non si avvicinano a te. Col morso e con le briglie della sua moderazione Dio stringe la superbia dei malvagi, che si vantano dei loro meriti e tacciono i loro peccati. Essi, disse, non si avvicinano a te, da cui per superbia si allontanano [Ms., ma sono allontanati dalla superbia].

VERS. 10. Multa flagella peccatorum [quia poenitentiam agere noluerunt], sperantes autem in Domino misericordia circumdabit. [Illa misericordia, ut vitam mereantur sempiternam. Qui rectam spem et fidem in Deo habent, ipsos misericordia Dei circumdat] , ut non sit relictus locus, unde possit ad eos diaboli hostilitas introire.

VERS. 10. Molti saranno i dolori dei peccatori [poiché non vollero fare penitenza], ma la grazia circonderà coloro che sperano nel Signore. [Quella misericordia, affinché meritino la vita eterna. Coloro che hanno una speranza e fede retta in Dio, la misericordia di Dio li circonda], affinché non sia abbandonato il luogo, da cui possa introdursi presso di loro l’ostilità del diavolo.

VERS. 11. Laetamini in Domino et exsultate justi, et gloriamini omnes recti corde. Propheta hortatur Ecclesiam laetari de spe vitae aeternae et regenerationis. Tamen laetatur et hic in tribulatione. Gloriamini omnes recti corde, ut ait Paulus: Qui gloriatur, in Domino glorietur (1 Cor 1, 31). Recti corde dicuntur, quibus omnia Dei judicia placent, et se accusant de suis peccatis, et Deum sive in adversis sive in prosperis semper laudant.

VERS. 11. Gioite nel Signore ed esultate, giusti, giubilate, voi tutti, retti di cuore. Il Profeta esorta la Chiesa a rallegrarsi della speranza della vita eterna e della rigenerazione. Tuttavia si allieta anche qui nella tribolazione. Giubilate voi tutti retti di cuore, come dice Paolo: Chi si gloria, si glori nel Signore (1 Cor 1,31). Sono chiamati retti di cuore coloro ai quali piacciono tutti i giudizi di Dio e coloro che manifestano i loro peccati, e lodano sempre Dio sia nell’avversità sia nella prosperità.

Petrus Pischedda trad.