Carlo Magno

Karolus Magnus

747 – 814

Epistola de litteris colendis

784/85

Textus:

Karolus gratia dei rex Francorum et Langobardorum ac patritius Romanorum Baugulfo abbati et omni congregationi, tibi etiam commissis fidelibus oratoribus nostris in omnipotentis dei nomine amabilem direximus salutem.
Notum igitur sit deo placitae devotioni vestrae, quia nos una cum fidelibus nostris consideravimus utile esse, ut per episcopia et monasteria nobis Christo propitio ad gubernandum commissa praeter regularis vitae ordinem atque sanctae religionis conversationem etiam in litterarum meditationibus eos, qui donante domino discere possunt, secundum uniuscuiusque capacitatem discendi studium debeant impendere, qualiter, sicut regularis norma honestatem morum, ita quoque docendi et discendi instantia ordinet et ornet seriem verborum, ut, qui deo placere appetunt recte vivendo, ei etiam placere non neglegant recte loquendo. scriptum est enim: aut ex verbis tuis iustificaberis, aut ex verbis tuis condemnaberis [Matth. 12,37]. quamvis enim melius sit bene facere quam nosse, prius tamen est nosse quam facere. debet ergo quisque discere, quod optat implere, ut tanto uberius, quid agere debeat, intellegat anima, quanto in omnipotentis dei laudibus sine mendaciorum offendiculis concurrerit lingua. nam cum omnibus hominibus vitanda sint mendacia, quanto magis illi secundum possibilitatem declinare debent, qui ad hoc solummodo probantur electi, ut servire specialiter debeant veritati.
Nam cum nobis in his annis a nonnullis monasteriis saepius scripta dirigerentur, in quibus, quod pro nobis fratres ibidem commorantes in sacris et piis orationibus decertarent, significaretur, cognovimus in plurimis praefatis conscriptionibus eorundem et sensus rectos et sermones incultos; quia, quod pia devotio interius fideliter dictabat, hoc exterius propter neglegentiam discendi lingua inerudita exprimere sine reprehensione non valebat. unde factum est, ut timere inciperemus, ne forte, sicut minor erat in scribendo prudentia, ita quoque et multo minor esset quam recte esse debuisset sanctarum scripturarum ad intellegendum sapientia. et bene novimus omnes, quia, quamvis periculosi sint errores verborum, multi periculosiores sunt errores sensuum.
Quamobrem hortamur vos litterarum studia non solum non neglegere, verum etiam humillima et deo placita intentione ad hoc certatim discere, ut facilius et rectius divinarum scripturarum mysteria valeatis penetrare. cum enim in sacris paginibus scemata,tropi et cetera his similia inserta inveniantur, nulli dubium, quod ea unusquisque legens tanto citius spiritualiter intelligit, quanto prius in litteraturae magisterio plenius instructus fuerit. tales vero ad hoc opus viri eligantur, qui et voluntatem et possibilitatem discendi et desiderium habeant alios instruendi. et hoc totum ea intentione agatur, qua devotione a nobis praecipitur.
Optamus enim vos, sicut decet ecclesiae milites et interius devotos et exterius doctos castosque bene vivendo et scolasticos bene loquendo, ut, quicunque vos propter nomen domini et sanctae conversationis nobilitatem ad videndum expetierit, sicut de aspectu vestro aedificatur visus, ita quoque de sapientia vestra, quam in legendo seu cantando perceperit, instruatur auditus et, qui ad videndum solummodo venerat, visione et auditione instructus omnipotenti domino gratias agendo gaudens recedat.
Huius itaque epistolae exemplaria ad omnes suffragantes tuosque coepiscopos et per universa monasteria dirigi non neglegas, si gratiam nostram habere vis. et nullus monachus foris monasterio iudiciaria teneat nec mallos et publica placita pergat.
Legens valeat.
Traduzione di Pietrino Pischedda (tutti i diritti riservati)

Carlo Magno

747 – 814

Epistola sugli studi delle Lettere

784[1] /85

Carlo Magno, per grazia di Dio re dei Franchi e dei Longobardi e patrizio romano, all’abate Baugulfo, a tutta la congregazione e ai fedeli a te affidati, tramite nostri ambasciatori nel nome del Dio onnipotente rivolgiamo un amabile saluto.

Sia dunque noto alla devozione vostra a Dio gradita, che noi, insieme con i nostri fedeli, abbiamo ritenuto utile che nei vescovadi e nei monasteri a noi affidati per governare, con l’aiuto di Cristo, oltre all’ordine di vita regolare e alla pratica della santa religione, anche nell’esercizio delle lettere coloro che per dono del Signore possono imparare, secondo la capacità di ciascuno di imparare, debbano attendere allo studio, nel modo in cui, come la norma canonica regola l’onestà dei costumi, così anche la richiesta dell’insegnare e dell’imparare regoli e abbellisca il metodo del parlare, affinché, coloro che desiderano piacere a Dio vivendo rettamente, non trascurino anche di piacere a lui parlando bene. Infatti è stato scritto: “o dalle tue parole sarai giustificato, o dalle tue parole sarai condannato”(Mt 12, 37). Sebbene infatti sia meglio fare del bene che sapere, tuttavia sapere è prima di fare. Perciò ciascuno deve imparare ciò che desidera raggiungere, affinché tanto più abbondantemente l’anima capisca che cosa debba fare, quanto la lingua concorra nelle lodi del Dio onnipotente senza ostacoli menzogneri. Dal momento che tutti gli uomini devono evitare le menzogne, quanto più devono evitarle, per quanto possibile, coloro che a ciò soltanto si riconoscono eletti, per servire in modo speciale alla verità.

Poiché in questi anni piuttosto spesso da alcuni monasteri venivano a noi indirizzate delle lettere, nelle quali si notificava che i fratelli prima di noi lì dimoranti discutevano in orazioni sacre e pie, abbiamo ravvisato in moltissime loro scritture dette prime sia significati giusti sia discorsi grossolani, in quanto ciò che la pia devozione interiormente fedelmente imponeva, esteriormente per la negligenza dell’imparare la lingua non erudita non era in grado di esprimerlo correttamente. Per cui avvenne che iniziammo a temere che forse, come insufficiente era l’abilità nello scrivere, così anche molto minore del dovuto era la capacità di capire le Sacre Scritture. Sappiamo bene tutti che per quanto pericolosi siano gli errori delle parole, molto più pericolosi sono gli errori dei sensi.

Perciò vi esortiamo non solo a non trascurare gli studi delle lettere, ma anche a tal scopo gareggiare nell’apprendere con proposito umilissimo e gradito a Dio, affinché più facilmente e rettamente possiate penetrare i misteri delle divine scritture. Trovandosi infatti nelle pagine sacre figure retoriche, tropi e altri inserti simili a questi, nessuno dubiti che, nella lettura individuale, tanto più velocemente comprende ciò dal punto di vista spirituale, quanto più doviziosamente sia stato istruito nella conoscenza delle lettere. A questo ufficio si scelgano uomini tali che abbiano sia la volontà sia la possibilità di imparare e il desiderio di istruire gli altri. E ciò venga fatto con quella intenzione e devozione da noi prescritte.

Vi preghiamo, dunque, come si conviene a soldati della Chiesa, interiormente devoti e esteriormente dotti, vivendo da persone caste ed esprimendosi da buoni scolastici,  che, chiunque aspiri a vedere voi per il nome del Signore e la superiorità della santa conversazione, come si forma un’ idea di voi dal vostro aspetto, così anche dalla vostra sapienza, che ha percepito nel leggere o nel cantare, si formi l’udito e chi soltanto era venuto per vedere, si ritiri gioioso, edificato dalla visione e dalla audizione ringraziando il Signore onnipotente.

Perciò non trascurare che gli esemplari di questa lettera siano indirizzati a tutti i sostenitori e ai tuoi coepiscopi e per tutti i monasteri, se vuoi avere la nostra amicizia. E nessun monaco intenti azioni giudiziarie fuori dal monastero né intraprenda pubblici placiti.

Chi legge stia bene.


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