“AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA” al Brancaccio (11. 11. 2017): commento di Pietrino Pischedda

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AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA

Ieri sera al Brancaccio.

La commedia più bella che abbia mai visto a teatro. Tutto all’insegna dell’allegria, del divertimento e del rilassamento totale. E sì, proprio così. Dall’inizio alla fine, in un climax di battute, figurazioni, musiche, canti, immagini, ecc. l’attenzione dello spettatore non declina ma si fa via via sempre più viva in attesa dell’esito finale, che non può che essere considerato positivo dal punto di vista socioreligioso di una piccola comunità che si stringe attorno al suo parroco, strumento indiscutibile di redenzione e salvazione del suo esiguo gregge. Don Silvestro, interpretato dal magnifico Gianluca Guidi, figlio d’arte, degno erede del grande Johnny Dorelli, con il suo cast di attori altrettanto incantevoli e autentici professionisti, per tre ore strega il pubblico, che a più riprese applaude perché soddisfatto di tanta visione. Il secondo diluvio universale non avviene, nonostante la proclamazione di esso dalla viva voce del Padre che sta Lassù. Pochi sarebbero destinati a salvarsi, dopo aver consumato una notte d’amore prima di imbarcasi nell’Arca, costruita a regola d’arte secondo i dettami giunti dall’alto. Alla fine arriva il compromesso, curioso e significativo compromesso tra Dio e il suo rappresentante in sacris, don Silvestro, il quale, di fronte alla prospettiva che a salvarsi siano soltanto lui e l’innamoratissima Clementina, scende dall’Arca e si mostra risoluto a farsi travolgere dall’acqua insieme ai suoi fedeli. Una colomba, inviata da Dio, che raffigura Dio stesso che scende tra gli uomini, annuncia il sereno, pone fine alla tragedia del diluvio e occupa quel posto a tavola che era stato a bella posta riservato. Dio quindi si china verso l’umanità, credente e non credente, e porge la sua mano misericordiosa. È rilevante, a mio avviso, in questa commedia, l’aspetto dell’amore, mai considerato peccato ma alla fine redento attraverso l’unione sponsale tra Toto e Consolazione davanti al ministro della Chiesa. Interessante anche la “vexata quaestio” del celibato ecclesiastico, non condiviso (nella commedia) dalla Divinità parlante. Altre osservazioni si potrebbero fare e altre riflessioni si potrebbero proporre a chi non conosce quest’opera. Il mio consiglio è di recarsi a teatro!

Pietrino Pischedda

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